San Vito Martire: tra storia e tradizione

San Vito nacque nel 286 a Mazara del Vallo in Sicilia, da una ricca famiglia del paese; suo padre Iles, pagano, rimasto vedovo, lo affidò ad una nutrice cristiana di nome Crescienzia, che d’accordo con suo marito Modesto fece battezzare il bambino ad insaputa di suo padre. Cresciuto nei principi della fede cristiana, ancora in tenera età fu restituito a suo padre, che si impegnò con anima e cuore perché suo figlio abbandonasse la fede, fino addirittura a denunciarlo al preside Valeriano che lo imprigionò e torturò nel tentativo di persuaderlo a venerare gli dei, ma senza ottenere alcun risultato.

downloadjpg

Temendo per le loro vite, Crescenzia, Modesto e Vito, fuggirono insieme e dopo giorni di navigazione approdarono nel promontorio di Capo Egitarso (adesso Capo San Vito), qui cominciarono a predicare il vangelo e Vito operò diversi miracoli, ma a discapito di questi la sua opera non ottenne il successo sperato, anzi furono costretti ad abbandonare il paese, i cui abitanti furono puniti da una violentissima frana che seppellì il villaggio. Fuggiti ancora una volta, i tre peregrinarono per tutta la Sicilia, predicando il vangelo e compiendo prodigi e guarigioni.

La fama di Vito e dei suoi poteri taumaturgici non tardò ad arrivare all’imperatore Diocleziano, che seppur persecutore dei cristiani, chiese aiuto al santo per liberare suo figlio dal demonio, affetto dalla Corea, anche nota come “ballo di San Vito”. Diocleziano una volta che ebbe usufruito dei poteri di Vito, anziché ricompensarlo, lo imprigionò e assieme a Modesto e Crescienzia, lo diede in pasto ai leoni, sopravvissuti furono immersi in una caldaia di piombo fuso e i tre ne uscirono miracolosamente ancora illesi.

Ottennero la palma del martirio dopo essere stati sottoposti il 15 giugno del 299 alla “catasta”, tortura che macinava i corpi delle vittime.

 

Ma come la tradizione di San Vito è giunta a Polignano?

Dopo il martirio, una pia matrona, di nome Fiorenza, in balia di una tempesta nel fiume Sele, chiese aiuto a Dio che le inviò in soccorso San Vito. La principessa per ringraziare il santo decise di dare degna sepoltura a lui e ai suoi compagni in un “locus marianus” come richiesto da San Vito stesso. Fiorenza diede ordine ai suoi uomini di fare ricerce su questo misterioso luogo, senza alcun risultato. La principessa ormai rassegnata decise di seppellire i tre corpi lì dove li aveva trovati.

Dopo tempo suo fratello si ammalò e addolorata chiese di nuovo aiuto a Dio; apparsole in sogno San Vito, le disse che avrebbe guarito suo fratello se lei avesse seppellito lui, Modesto e Crescienzia nel “locus marianus”. Desta dal sonno, Fiorenza ritrovò davanti a sé un giovane medico che le chiese, in cambio della guarigione di suo fratello, di poter andare con loro nel “locus marianus” che le rivelò trovarsi in Puglia, presso il CastrumPolymnianense. Organizzata la flotta, dopo 24 giorni di navigazione giunsero nel bellissimo porto dove la principessa ebbe cura di far costruire una chiesa in onore dei tre martiri e acquistati alcuni poderi in loco li donò ai frati benedettini perché potessero adorare per sempre i Santi Martiri.


La Basilica nata nel 900 d.C. fu distrutta nel 1300 dagli ottomani e ricostruita quasi un secolo dopo dai veneziani, che furono scacciati dal feudatario del luogo. Nel 1700 la basilica fu donata ai SS Apostoli, ordine benedettino, e destinata ad abbazia; successivamente divenne del Regio Demanio. Nel 1866 fu venduta ai Marchesi La Greca, che ancora oggi sono proprietari dell’intero edificio, fatta esclusione per la chiesa, di proprietà del Fondo di Edifici di Culto del Ministero degli Interni e data in concessione alla Chiesa Matrice Santa Maria Assunta dove la domenica si celebra la messa.


Nell’abbazia è conservato ancora oggi il Braccio, reliquiario ad opera di un ignoto argentiere napoletano, al cui interno contiene il sacro osso di un braccio del Santo, e il Pisside, anche questo reliquiario di fattura napoletana, contenente la Rotula di un ginocchio di San Vito.

47655881292_f22c14239c_njpg

Il culto di San Vito è diffuso quasi in tutto il mondo, solo in Italia si contano oltre 10 cittadine con il suo nome e, fra le tante in Europa ricordiamo la Cattedrale di San Vito a Praga, in Repubblica Ceca e il patronato della diocesi di Fiume, in Croazia, o ancora in Brasile, dove una comunità di emigrati polignanesi ha perpetuato il culto di San Vito anche oltre oceano.

Segno distintivo del Santo e dei suoi compagni è la palma del martirio. Spesso san Vito è raffigurato al centro fra due cani o all’interno di un calderone, in memoria del martirio.



Patrono degli animali e dei ballerini, perché?

Ci sono due episodi a cui si può ricondurre il suo rapporto con gli animali: come ben sappiamo, su tutti, riconosciamo come patrono degli animali San Francesco d’Assisi, famoso per la sua capacità di saper dialogare con loro. San Vito è riconosciuto come patrono degli animali per il martirio mancato, poiché nel momento in cui lui e i suoi compagni furono dati in pasto ai leoni, questi si ammansirono immediatamente, andando a lambire i piedi delle tre povere vittime e inoltre pare che per tre giorni un’aquila abbia vegliato sui corpi dei martiri.

È protettore dei ballerini, poiché spesso guarì i malati di “Corea”, malattia nota per gli spasmi e tremori, simili ai movimenti dei ballerini e per questo più nota come “ballo di San Vito”.

A Polignano San Vito viene festeggiato per ben tre giorni di seguito, le celebrazioni cominciano il 14 giugno con la suggestiva processione via mare, partendo dal porticciolo di San Vito, il santo percorre tutta la costa polignanese fino allo scoglio dell’Eremita e aggirandolo torna indietro per poi attraccare a Cala Paura dove comincia la processione a piedi per le strade del paese e terminerà nel centro storico dove viene allestito un altare sui cui il santo sarà esposto fino al 16 giugno, da dove un’ultima processione lo riporterà nell’abbazia di San Vito.

Nonostante l’evolversi del paese in senso più turistico, la tradizione perdura e anzi, ha ripreso vita, grazie ai numerosi turisti che visitano l’abbazia e il suggestivo porticciolo in cui, secondo la leggenda, approdarono le reliquie dei santi sulla nave della principessa Fiorenza.

Vi aspettiamo quindi numerosi per vivere questi tre giorni tra religione, tradizione e folklore qui a Polignano a Mare!


image_72192707JPG